DICHIARAZIONE DEI REDDITI

Le principali novità

Da quest’anno è possibile utilizzare il modello 730 anche per dichiarare alcuni redditi che in precedenza era necessario dichiarare con il modello redditi PF. In particolare:
  • per comunicare dati relativi alla rivalutazione del valore dei terreni (Quadro L); 
  • per dichiarare redditi di capitale estero assoggettati a imposta sostitutiva (Quadro L);
  • investimenti all’estero e alle attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale e determinare in relazione ad essi le imposte sostitutive dovute (IVAFE, IVIE e Imposta criptoattività, Quadro W).

Tassazione agevolata delle mance del settore turistico-alberghiero e di ricezione

Le mance destinate ai lavoratori nei settori della ristorazione e delle attività ricettive sono qualificate come redditi da lavoro dipendente e, a scelta del lavoratore, possono essere assoggettate ad un’imposta sostituiva dell’Irpef e delle relative addizionali territoriali con aliquota del 5%.

Riduzione dell’imposta sostitutiva applicabile ai premi di produttività dei lavoratori dipendenti

È ridotta dal 10% al 5% l’aliquota dell’imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d’impresa ai lavoratori dipendenti del settore privato.

Modifica alla disciplina della tassazione del lavoro sportivo

Il D.Lgs. n. 36/2021 ha previsto numerose modifiche alle disposizioni in materia di enti sportivi dilettantistici e di lavoro sportivo, prevedendo un nuovo regime di tassazione delle somme percepite da soggetti che prestano la propria attività in favore di SSD e ASD.
In pratica, i compensi sportivi (in forma subordinata o co.co.co.), compresi i redditi percepiti per l’attività di carattere amministrativo-gestionale svolta in ambito sportivo, nonché le retribuzioni degli sportivi professionisti di età inferiore a 23 anni, erogati a partire dal 1° luglio 2023, rientrano tra i redditi assimilati al lavoro dipendente, godendo di una soglia di esenzione dall’imposta pari a 15.000€. Oltre detta soglia, i redditi risultano imponibili a tassazione ordinaria.
Per i compensi sportivi percepiti fino al 30 giugno 2023, continua ad applicarsi la precedente disciplina di cui all’art. 67, TUIR; tali redditi rientrano quindi tra i redditi diversi ed è applicata:
  • un’esenzione per i primi 10.000€ di reddito;
  • una ritenuta a titolo di imposta (con aliquota del 23%) sugli ulteriori 20.658,28€;
  • una ritenuta a titolo d’acconto (con aliquota del 23%) sulle somme eccedenti.
Si sottolinea, tuttavia, che il limite di esenzione pari a 15.000€ è unico per l’intero anno, ciò significa che per la determinazione della quota di reddito esente, è necessario tenere conto anche dei compensi sportivi percepiti entro il 30 giugno 2023, soggetti alla precedente disciplina e dichiarati quali redditi diversi.

Detrazione Super bonus

Su opzione del contribuente per le spese sostenute nel 2022 rientranti nel Super bonus e che non sono state indicate nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta 2022, è possibile optare per una ripartizione in dieci rate (in luogo delle 4 ordinarie). Per le spese sostenute nel 2023, salvo eccezioni, si applica la percentuale di detrazione del 90% e non più quella del 110%.

Detrazione bonus mobili

Per l’anno 2023, il limite di spesa massimo su cui calcolare la detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici è di 8.000€ . È importate, però, verificare i requisiti degli elettrodomestici in quanto è necessario che la classe non sia inferiore a “A” per i forni, “E” per le lavatrici, asciugatrici e lavastoviglie ed “F” per i frigoriferi e congelatori.

Detrazione IVA per acquisto abitazione classe energetica A o B

È riconosciuta una detrazione del 50% dell’IVA pagata nel 2023 per l’acquisto di abitazioni in classe energetica A o B cedute dalle imprese costruttrici degli immobili stessi.

Crediti d’imposta

Per l’anno 2023 sono stati riproposti i seguenti crediti d’imposta ed in particolare:
  • il credito d’imposta per l’acquisto prima casa under 36 viene prorogato per tutti gli atti stipulati fino al 31.12.2023;
  • il credito d’imposta “Sport bonus” viene riconosciuto per l’anno 2023 ma solo per i titolari di reddito d’impresa.

ALTRE INFORMAZIONI

Investimenti/immobili detenuti all’estero
Vige l’obbligo da parte delle persone fisiche di dichiarare:
  • tutti gli investimenti all’estero o le attività estere di natura finanziaria a titolo di proprietà o di altro diritto reale, indipendentemente dal valore complessivo degli stessi; tale obbligo sussiste anche se nel corso dell’anno 2023 si è proceduto a disinvestirli totalmente;
  • le plusvalenze derivanti dalla cessione di valute estere, comprese criptovalute;
  • tutti gli immobili detenuti all’estero;
  • tutti i beni mobili suscettibili di utilizzazione economica (preziosi, opere d’arte, yacht, ecc) detenuti all’estero;
  • la situazione degli immobili detenuti all’estero, qualora sia rimasta invariata rispetto a quella dell’anno precedente non sarà obbligatoria la compilazione del relativo quadro in dichiarazione.
Si ricorda, infine, che è dovuta un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero (IVIE) e sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero (IVAFE). Per il conteggio di tale imposta è necessario che ci venga comunicato:
  • il valore dell’immobile dato dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, dal valore di mercato, rilevabile nel luogo in cui lo stesso è situato;
  • il valore di mercato dell’immobilizzazione finanziaria rilevato alla data del 31/12/2023;
  • l’eventuale imposta patrimoniale versata allo Stato in cui è ubicato l’immobile e/o sono detenute le attività finanziarie.

Interessi passivi per l’acquisto/costruzione dell’abitazione principale

Per quanto riguarda gli interessi passivi derivanti dalla stipula di contratti di mutuo ipotecari per l’acquisto/costruzione dell’abitazione principale è necessario individuare separatamente gli importi relativi a contratti di mutuo stipulati fino al 31.12.2021 e quelli a decorrere dal 01.01.2022 (anche in caso di accollo, subentro o rinegoziazione). Questa suddivisione è richiesta per verificare la spettanza del trattamento integrativo in presenza del “reddito di riferimento per le agevolazioni fiscali” compreso tra 15.001€ e 28.000€.

ADOZIONE ADEGUATO ASSETTO ORGANIZZATIVO, AMMINISTRATIVO E CONTABILE

La legge ha introdotto obblighi a carico degli imprenditori (sia individuali sia amministratori di società) in tema di adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile.

COSA SIGNIFICA ADOTTARE UN ASSETTO ORGANIZZATIVO, AMMINISTRATIVO E CONTABILE?

La norma non dà una definizione precisa. Di fatto significa mappare lo stato di salute dell’impresa e implementare protocolli, anche semplici, che permettano dal lato amministrativo-contabile di garantire completezza, correttezza e tempestività di un’informativa societaria attendibile ai fini della programmazione e della consuntivazione.
Dal lato organizzativo, invece, consente di definire le funzioni del personale impiegato in azienda, di verificare che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità, di percepire e misurare eventuali inefficienze organizzative.
Un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile si caratterizza dunque come un insieme sistemico di strumenti e procedure che garantiscano costantemente e prospetticamente la rilevazione precoce degli indizi di squilibrio economico-finanziario.

Quali sono i vantaggi?

Introdurre in azienda un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai fini dell’individuazione degli indizi di crisi e del monitoraggio della continuità aziendale, è diventato un obbligo giuridico al pari della redazione del bilancio annuale di esercizio, poiché questo nuovo adempimento è previsto direttamente dal Codice civile.
È altrettanto vero però che l’attivazione o il miglioramento dei sistemi di controllo interno rappresenta anche un’opportunità per rendere più efficiente la gestione societaria e incrementare la produttività dell’impresa.
Inoltre, risulta essere fondamentale nei rapporti con gli istituti di credito ai fini della valutazione del merito creditizio dell’impresa, perché permette di fornire alle banche informazioni puntuali e aggiornate sulla situazione attuale, ma soprattutto prospettica dell’impresa.

Gli obblighi stabiliti dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi

A seguito dell’emanazione del D.Lgs. 14/2019, ossia il nuovo Codice della Crisi di Impresa, sono stati modificati gli articoli 2086 e 2476 del Codice civile.
Il primo indica che “L’imprenditore, che opera in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”.
Mentre il secondo articolo stabilisce che “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale”.

Doveri e responsabilità di imprenditori e amministratori

A prescindere dal fatto che l’azienda si trovi in uno stato di salute o di crisi, l’imprenditore è obbligato, per legge, ad adottare delle procedure che garantiscano l’adeguatezza dei sistemi amministrativi, contabili e organizzativi della sua impresa, naturalmente in funzione della dimensione e della complessità di quest’ultima.

L’inosservanza delle disposizioni dell’art. 2086 comporta responsabilità direttamente in capo all’amministratore. Infatti, nei casi di insolvenza dell’impresa e/o del venir meno della continuità aziendale, il nuovo impianto normativo prevede che sia l’amministratore a risarcire i creditori della società, anche con il proprio patrimonio personale. In altri termini l’amministratore diventa illimitatamente responsabile dei debiti maturati sin dai primi sintomi della crisi, se non dimostra di aver istituito, già in precedenza e a regime, processi di gestione delle varie aree aziendali e attività di programmazione e controllo.

È quindi necessario che l’imprenditore sia in grado di attestare l’adeguatezza dei propri assetti attraverso la redazione di un report. Inoltre, in tema di bilanci, le società dovranno dettagliare le informazioni sugli adeguati assetti all’interno della relazione sulla gestione, mentre chi redige il bilancio in forma abbreviata dovrà inserire l’informativa nel verbale del Consiglio di amministrazione che approva il progetto di bilancio annuale e all’interno della nota integrativa.

START-UP INNOVATIVE

Le Start-Up innovative sono società di capitali, residenti in Italia, che hanno come attività principale o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico. È considerata Start-Up innovativa un’impresa iscritta in una sezione speciale del Registro delle imprese e deve essere in possesso di determinati requisiti.

REQUISITI

La Start-Up deve rispettare alcuni requisiti:
  • non deve essere quotata
  • deve essere costituita da massimo 60 mesi
  • deve presentare un valore totale della produzione annua non superiore a 5 milioni di euro
  • non deve distribuire e aver distribuito utili
  • non deve essere stata istituita mediante fusione, scissione o a seguito di cessione di azienda o ramo di azienda

CARATTERISTICHE

La Start-Up deve possedere almeno una delle seguenti caratteristiche:
  • le spese in ricerca e sviluppo devono essere uguali o superiori al 15% del maggiore valore tra costo e valore totale della produzione
  • i 2/3 dei dipendenti o collaboratori devono possedere una laurea magistrale, oppure 1/3 di soggetti tra cui dottorati, dottorandi o laureati che possiedono almeno tre anni di attività di ricerca certificata
  • deve disporre di un brevetto registrato (privativa industriale) afferente all’attività dell’impresa

VANTAGGI

Le Start-Up innovative possono godere di diversi vantaggi:
  • possono redigere l’atto costitutivo con una procedura semplificata
  • hanno accesso gratuito e semplificato al Fondo di garanzia per le Pmi
  • possono accedere al bando Smart & Start, uno strumento agevolativo di Invitalia che concede alle Start-up contributi e finanziamenti agevolati
  • possono utilizzare le campagne di equity crowdfunding per raccogliere capitali
  • possono pagare attraverso l’assegnazione di quote o azioni della società ovvero attraverso strumenti di partecipazione al capitale (work for equity)
  • sono esenti dai bolli e dai diritti dovuti per gli adempimenti al Registro delle Imprese
  • possono prevedere specifiche deroghe societarie per avere una maggiore flessibilità decisionale e organizzativa
  • possono utilizzare contratti di lavoro più flessibili, a tempo determinato e con un numero di rinnovi illimitato. Hanno la possibilità di sfruttare gli incentivi messi a disposizione di chi investe e trasformarsi in Pmi innovative continuando ad usufruire dei numerosi benefici

Bonus Mobili ed Elettrodomestici: cosa cambia nel 2024

Come stabilito dalla Legge di Bilancio 2022, il Bonus Mobili ed Elettrodomestici è in vigore anche per il 2024 ma con una novità: il tetto di spesa massimo su cui calcolare la detrazione Irpef passa da 8.000 euro a 5.000 euro (comprensivi di eventuali spese di trasporto e montaggio). Le altre regole per usufruire del bonus restano invariate.
La misura introdotta con il Decreto Legge n.63/2013, nel 2022, 2023 e 2024 è stata estesa alle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici.

Come funziona

Il Bonus Mobili ed Elettrodomestici prevede una detrazione Irpef del 50% applicabile alle spese sostenute per l’acquisto, entro il 31 dicembre 2024, di arredi e grandi elettrodomestici destinati ad ammobiliare un’unità abitativa in ristrutturazione.
La detrazione viene ripartita in 10 quote annuali di pari importo e viene calcolata su un totale complessivo di 5.000 euro. Tale importo fa riferimento alla singola unità immobiliare quindi se vengono eseguiti lavori di ristrutturazione su più unità abitative ciascuna ha diritto al Bonus Mobili.
Per poter fruire dell’agevolazione il richiedente deve aver avviato un intervento di ristrutturazione edilizia dopo il 1° gennaio 2023 e la data di inizio lavori deve essere antecedente a quella dell’acquisto dei mobili col Bonus. I pagamenti devono essere effettuati tramite bonifico o carta di debito o credito (non è consentito pagare con assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento).

Chi può richiederlo

Il Bonus Mobili può essere richiesto senza limitazioni ISEE, esclusivamente dal contribuente che effettua i pagamenti per gli acquisti di mobili ed elettrodomestici destinati all’immobile oggetto di lavori e che usufruisce della detrazione per le spese di intervento di recupero del patrimonio edilizio.
La detrazione può essere ripartita tra diversi soggetti solo nel momento in cui ognuno di questi partecipi sia alle spese per i lavori di ristrutturazione sia a quelle per l’acquisto dei mobili.
La detrazione è ammessa anche se i beni sono acquistati con un finanziamento a rate, come specifica l’Agenzia delle Entrate “a condizione che la società che eroga il finanziamento paghi il corrispettivo con le stesse modalità prima indicate e il contribuente abbia una copia della ricevuta del pagamento”.

Come richiederlo

Per ottenere la detrazione è necessario indicare nella dichiarazione dei Redditi (ovvero nel Modello 730 oppure in quello destinato ai Redditi Persone Fisiche) le spese che sono state sostenute. Come riportato nella guida dell’Agenzia delle Entrate, chi vuole usufruire del Bonus Mobili deve conservare le ricevute di pagamento, la documentazione di addebito sul conto corrente e le fatture di acquisto, che devono riportare la natura, la qualità e la quantità dei beni acquistati.

Cosa si può acquistare

I mobili nuovi e i grandi elettrodomestici che si acquistano, per poter rientrare nel bonus e fruire della detrazione Irpef del 50% devono rispettare determinati requisiti in materia di classe ambientale.
Le spese ammissibili comprendono:
  • mobili e arredi (etti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, etc.);
  • forni di classe energetica A o superiore;
  • lavatrici, lavasciugatrici e lavastoviglie (classe non inferiore a E);
  • frigoriferi e congelatori (classe F o superiore)
Rientrano nelle spese ammissibili anche materassi, illuminazione, apparecchi per la cottura, stufe elettriche, forni a microonde, piastre riscaldanti, radiatori e ventilatori elettrici e condizionatori mentre non sono agevolabili gli acquisti di porte, pavimentazioni, tende, tendaggi e altri complementi d’arredo.
Nell’importo totale su cui viene calcolata la detrazione Irpef possono essere incluse anche le spese di trasporto e montaggio, solo se sostenute con metodi di pagamento ammessi (bonifico o carta di credito o debito).

Quali interventi edilizi danno diritto al Bonus Mobili?

Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio che permettono di poter fruire della detrazione Irpef per l’acquisto di mobili ed elettrodomestici comprendono:
  • il restauro e il risanamento conservativo delle singole unità abitative o di parti comuni di condomini;
  • la ristrutturazione edilizia eseguita sulle singole unità abitative o parti comuni di edifici residenziali;
  • la manutenzione straordinaria, ovvero l’installazione di ascensori e scale di sicurezza, la realizzazione dei servizi igienici, il rifacimento di scale e rampe, la realizzazione di recinzioni e muri di cinta, la sostituzione di tramezzi, etc.) sulle singole unità abitative o parti condominiali;
  • gli interventi finalizzati all’utilizzo di fonti rinnovabili di energia come l’installazione di una stufa a pellet o di una pompa di calore e la sostituzione della caldaia;
  • la manutenzione ordinaria che comprende la tinteggiatura, la sostituzione di pavimenti, la sostituzione di infissi esterni, il rifacimento di intonaci interni, etc.) esclusivamente per le parti comuni degli edifici residenziali.

Penali e accordi transattivi: trattamento dell’Iva

Nel corso dell’operatività delle imprese può succedere che accordi o contratti stipulati per l’acquisto o per la cessione di beni e servizi procedano riscontrando intoppi con la controparte. Possono, infatti, sorgere problemi nell’esecuzione del contratto e, per prevenire o evitare liti e controversie, generalmente le parti si accordano per l’erogazione di somme di denaro. Il presente contributo intende fornire delle indicazioni in tema Iva con riferimento alla diversa natura di queste somme e al relativo trattamento dell’Iva.

Somme corrisposte a titolo risarcitorio

La somma che il cedente o prestatore corrisponde a titolo risarcitorio al cessionario o committente, ai fini Iva, è considerata una mera cessione di denaro che, pertanto, è fuori dal campo di applicazione del tributo ai sensi dell’art. 2 del DPR 633/72. Le somme corrisposte che non presentano alcuna correlazione con la cessione di beni o la prestazione di servizi, che pertanto hanno pura natura risarcitoria di un danno subito anche se l’operazione è andata a buon fine, sono escluse da Iva ai sensi dell’art. 15 comma 1 n. 1 del DPR 633/72.
A titolo di esempio, si può pensare agli importi dovuti a titolo di penalità, ritardi, inadempimento contrattuale dal cessionario, o committente al cedente, o prestatore, oppure le somme che vengono erogate a titolo di ristoro di un danno.

Accordo transattivo

Comprendere il corretto inquadramento Iva non è così pacifico nel caso di corrispettivi erogati o ricevuti a fronte di accordo transattivo (ex art. 1965). Si fa riferimento in particolare a un contratto con il quale le parti si fanno reciproche concessioni per porre fine a una lite già iniziata o prevenire che possa sorgere.
La discriminante per capire la corretta applicazione o meno dell’Iva a somme derivanti da accordo transattivo è verificare se la somma erogata ha un nesso con una nuova prestazione. La correlazione tra il pagamento di una somma di denaro e un obbligo/prestazione determina l’applicazione dell’Iva sulle somme citate.

Ad esempio, nel caso di una somma a saldo e stralcio del credito, essa rappresenta il controvalore alla rinuncia al contenzioso per il risarcimento dei danni verso il cedente o prestatore. In questo caso, la somma rientra nell’ambito di applicazione Iva in quanto si integra il presupposto oggettivo dell’art. 3 comma 1 del DPR 633/72, dato che il corrispettivo percepito/erogato è a fronte della rinuncia ad azioni contro la parte. Si è dunque in presenza di un nesso tra l’obbligo di “non fare” (non agire) e il pagamento.
Ai sensi dell’art. 3 comma 1 del DPR 633/1972 per prestazioni di servizi, si considerano quelle prestazioni rese dietro corrispettivo, che derivano anche da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere. Come sempre, con riferimento all’applicazione dell’Iva, è necessario comprendere il nucleo degli accordi per non incorrere in errata applicazione del tributo.

Il benchmarking per far crescere la tua impresa

Nel moderno contesto imprenditoriale, caratterizzato da una estrema competitività, complessità e mutevolezza degli scenari di mercato, appare evidente che ogni imprenditore apprezzi, se non addirittura pretenda, che il proprio commercialista dia delle indicazioni a supporto delle decisioni strategiche che si manifestano non solo in occasione della costituzione di un’attività economica, ma anche nei diversi stadi che caratterizzano la vita dell’impresa. I continui cambiamenti di scenari, comportano l’accorciamento delle distanze tra una decisione strategica e l’altra, cioè capita spesso che già nei primi mesi di vita di un’attività l’imprenditore si trovi a dover cambiare la propria strategia o modificare alcune ipotesi di partenza.

È innegabile quanto sia fondamentale la capacità di padroneggiare la tecnica a supporto della definizione delle strategie aziendali, del controllo dei processi e delle attività aziendali. Proprio questa tecnica/metodologia è definita benchmarking.
Grazie all’utilizzo di determinati strumenti, si è in grado di stimolare la dialettica e il confronto tra il professionista e il proprio cliente, creando nuove riflessioni sulla propria impresa, spesso trascurate per la colpevole tendenza a rimanere concentrati esclusivamente sul proprio “orticello”.

Perché fare attività di benchmarking?

Se è giusto che in occasione della discussione del bilancio l’imprenditore chieda al commercialista: “abbiamo perso oppure guadagnato?”, altrettanto giusto sarebbe che il titolare dell’impresa si ponga la domanda: “ma i miei concorrenti come sono andati? Hanno guadagnato o perso…è aumentato il divario di fatturato e di redditività rispetto alla mia impresa?”.
L’attività di benchmarking risponde a tali quesiti, poiché è rivolta all’imprenditore e misura le prestazioni della propria azienda confrontandola con quelle migliori e più competitive nel proprio settore di riferimento, fornendo, in questo modo, un valido supporto all’imprenditore in termini di pianificazione strategica, programmazione e controllo delle attività aziendali.
Da quanto appena esposto è chiaro il motivo per cui attuare il benchmarking: analizzare la concorrenza, trarre nuove strategie e acquisire il cosiddetto vantaggio competitivo.

Lo studio di benchmarking: caso pratico

Effettuare uno studio di benchmarking è un’operazione piuttosto complessa che deve essere svolta dal commercialista in sinergia con l’imprenditore.
Innanzitutto è necessario conoscere e schematizzare il processo produttivo dell’azienda del proprio cliente, ottenendo informazioni per la successiva fase di selezione dei competitor. Ad esempio, se un determinato prodotto può essere ottenuto mediante due procedimenti tecnologici distinti, il confronto dovrebbe essere rivolto verso concorrenti che utilizzano lo stesso procedimento industriale.
Dopo aver identificato i potenziali concorrenti, gli stessi dovrebbero essere selezionati sulla base della qualità delle informazioni ricavabili. Ad esempio, sono da preferire i concorrenti che sono sottoposti al controllo legale dei conti e che presentano “fondamentali di bilancio” non soggetti ad ampie oscillazioni da un anno all’altro.
Inoltre, si dovrebbero preferire aziende ubicate nell’ambito della stessa zona/area di geografica di operatività e di dimensioni paragonabili, non dimenticando di inserire anche imprese di più grandi dimensioni a titolo di incentivo-obiettivo da perseguire. Infatti, la pratica professionale ci ha offerto esempi di aziende clienti, che dopo anni di trend di crescita hanno raggiunto quella massa critica che ha determinato un salto netto in termini di miglioramento degli indici di bilancio.
Ed è proprio la scelta degli indici di benchmarking un passo fondamentale per aprire gli occhi del cliente e far comprendere che ci sono sempre aspetti relativi alla gestione della propria azienda da migliorare. Emblematica è stata la reazione, incredula, di un cliente quando si è paragonata la redditività per addetto della propria azienda con quella del concorrente. Sino a quell’istante era certo di aver arruolato i migliori dipendenti con la miglior organizzazione produttiva.

Conclusioni

In considerazione di quanto visto per il caso pratico appena esposto, il benchmarking si è rivelato uno strumento valido ed efficace. Infatti, appurata inizialmente la posizione di “svantaggio” del cliente rispetto ai propri concorrenti, si è innescato un processo virtuoso di ricerca di soluzioni e l’adozione di nuove procedure aziendali che hanno inciso sulle performance economico-organizzative, contribuendo al raggiungimento di migliori risultati economici, patrimoniali e finanziari.

Il bilancio infrannuale

Cos’è e a cosa serve?

Quando si parla di strumenti utili per l’analisi e per la raccolta di informazioni relative a un’impresa, il punto di partenza non può che essere il bilancio di esercizio. Un documento, obbligatorio per legge, che rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale, economica e finanziaria di una società, fornendo anche informazioni integrative per meglio descrivere il contesto nel quale opera l’impresa stessa. Altrettanto importanti sono le relazioni redatte con una frequenza maggiore rispetto al tradizionale periodo annuale: i cosiddetti bilanci infrannuali che vengono stilati con periodicità mensile, trimestrale, o semestrale, consentendo di monitorare l’attività d’impresa sotto diversi profili: economico, patrimoniale e finanziario.

Accertare regolarmente la salute dell’impresa è una fisiologica esigenza gestionale, oltre che un dovere giuridico. Infatti, il nuovo Codice della Crisi d’Impresa prevede che gli imprenditori redigano una situazione di bilancio riclassificato infrannuale, con cadenza almeno trimestrale. È quindi necessario un monitoraggio costante dell’equilibrio economico, finanziario e patrimoniale del business, con una frequenza maggiore rispetto al bilancio d’esercizio, al fine di prevenire possibili situazioni di crisi.

Di seguito si riportano alcune casistiche che descrivono come il bilancio infrannuale possa essere impiegato all’interno della gestione societaria.

1 – Budget

In primo luogo, tale prospetto fornisce all’imprenditore un mezzo per monitorare l’andamento del proprio business, consentendo una migliore pianificazione delle operazioni nel breve periodo. In questa prospettiva, quindi, il bilancio infrannuale ha l’obiettivo di verificare e accertare che le previsioni pianificate durante la redazione del budget aziendale si siano, o meno, verificate nel periodo di riferimento preso in esame. L’imprenditore ha, dunque, la possibilità di valutare eventuali discrepanze con quanto previsto a budget e, di conseguenza, attuare politiche volte ad adeguarsi il più possibile agli obiettivi prefissati.

2 – Comparazione con periodi precedenti

Sempre in un’ottica di monitoraggio dell’attività societaria, il bilancio infrannuale assume valore se viene utilizzato come termine di paragone rispetto agli stessi periodi di riferimento (quindi stesso mese piuttosto che stesso trimestre) degli esercizi immediatamente precedenti, così da valutare la continuità o la variabilità dei margini, dei costi e dei principali indicatori economici/finanziari.

3 – Calcolo degli indicatori patrimoniali-economico-finanziari e del Break Even Point

La redazione del bilancio infrannuale può inoltre essere occasione per calcolare i vari indici di bilancio e il fatturato di pareggio dell’impresa (Break Even Point). Una corretta riclassificazione dei conti in base al tipo di attività svolta dall’impresa permette di scindere le varie componenti economiche negative in costi fissi e costi variabili. Questo consente di capire quanto l’azienda deve vendere per coprire e pareggiare i suddetti costi di produzione, oltre a garantire il calcolo del prezzo ottimale di vendita per raggiungere il giusto margine di profitto.

4 – Previsione delle imposte

Con la prospettiva della chiusura del bilancio di esercizio al 31 dicembre di ogni anno, è fondamentale redigere un bilancio, ad esempio al 30 settembre, per poter stimare l’andamento dei mesi futuri e conoscere in anticipo il carico fiscale che l’impresa dovrà sostenere per l’anno in corso.

5 – Controllo contabile

Da ultimo, ma non certo per importanza, la redazione di un bilancio infrannuale serve anche come momento per effettuare un controllo contabile sul periodo oggetto di interesse, cioè per verificare la regolare e corretta tenuta delle scritture contabili.

NK PREVEDE LA REDAZIONE DI BILANCI INFRANNUALI PER TUTTI I PROPRI CLIENTI. CREDIAMO CHE QUESTO STRUMENTO, SE UTILIZZATO CON REGOLARITÀ, CONSENTA UNA SUPERVISIONE COSTANTE DELL’ATTIVITÀ D’IMPRESA E PERMETTA ALL’IMPRENDITORE DI AVERE A DISPOSIZIONE INFORMAZIONI IMPORTANTI SULLE QUALI BASARE LE DECISIONI PIÙ STRATEGICHE E RILEVANTI AI FINI DELLA CONTINUITÀ E DELLA CRESCITA AZIENDALE.

Versamento dell’Iva: adempimento fiscale e indicatore che attesta l’equilibrio finanziario di un’azienda.

Uno dei primi adempimenti dell’esercizio fiscale in ordine cronologico è l’invio della DICHIARAZIONE IVA. 
Tutti i titolari di partita Iva, salve determinate esclusioni, devono presentare annualmente in via telematica all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione annuale Iva, ovvero il modello dichiarativo mediante il quale si comunicano all’Agenzia delle Entrate le diverse operazioni effettuate nel corso dell’anno d’imposta che hanno un impatto ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Ma in parole povere come funziona il meccanismo dell’Iva? 

Il funzionamento di base è abbastanza semplice: se viene emessa una fattura o uno scontrino, al corrispettivo di vendita (che è il vero e proprio ricavo), viene applicata l’Iva secondo le aliquote di legge (22% l’aliquota ordinaria, 10% o 4% quelle ridotte).
Chi cede i beni o presta i servizi oggetto della fornitura, quindi, incassa un prezzo di vendita che, oltre al vero e proprio ricavo, incorpora anche l’Iva. L’aspetto più rilevante è che l’Iva sulle vendite non è un importo che spetta in modo definitivo a chi la incassa: il venditore di fatto ha l’incarico da parte dello Stato di “esattore” del tributo. Infatti, con cadenza mensile o trimestrale, in base al volume d’affari, si esegue la cosiddetta “liquidazione Iva”, ovvero un conteggio che è la pura differenza tra l’Iva esposta nelle fatture emesse e nei corrispettivi e l’Iva relative alle fatture di acquisto (la cosiddetta Iva detraibile).
La differenza, se l’Iva sulle vendite è maggiore rispetto all’Iva sugli acquisti, deve essere versata al Fisco. 

Al di là delle complicazioni che derivano dal mancato versamento dell’Iva alle scadenze corrette (l’insorgere di un debito verso l’erario che con il passare del tempo presenta il conto rincarato delle sanzioni e degli interessi, senza dimenticare che oltre certe soglie di importo, vi sono risvolti di natura penale), il punto importante è che non essere in grado di versare l’Iva in modo tempestivo, spesso rappresenta un segnale inequivocabile di squilibrio finanziario dell’azienda. È un allarme che si deve accendere subito e al quale è importante porre rimedio.

Quali possono essere le cause di un mancato versamento dell’Iva? 

Semplificando, potremmo individuarne due.

  • La prima motivazione potrebbe essere il mancato incasso delle fatture emesse: in pratica l’imprenditore non ha liquidità sufficiente per versare l’Iva all’erario perché, anche se effettivamente ha fatturato, non ha ancora incassato gli importi delle vendite effettuate ai propri clienti.
    In questo caso, sarebbe consigliabile rivedere la gestione del credito, perché nelle previsioni finanziarie è sempre necessario considerare anche i termini di versamento dell’Iva.
    Se, per esempio, si concede una rateazione ai propri clienti, si potrebbe valutare di farlo solo per l’importo dell’imponibile, cercando di ottenere subito il pagamento dell’Iva. Diversamente sarà necessario coprire il fabbisogno finanziario mediante altre fonti di liquidità o tramite il ricorso al credito bancario.

Certamente questa giustificazione non può valere per commercianti al dettaglio e pubblici esercizi in genere, poiché in questa tipologia di attività i corrispettivi delle vendite si incassano subito

  • La seconda causa potrebbe essere l’aver destinato l’Iva incassata dai clienti al finanziamento di altre spese diverse: se l’imprenditore incassa l’iva, ma alla scadenza del versamento non ha più la disponibilità liquida per fare il pagamento all’Erario, significa, probabilmente, che ha utilizzato l’Iva per finanziare altre spese.
    Se questo comportamento è stato assunto per scelta, l’imprenditore probabilmente non ha gestito la finanza aziendale in modo sufficientemente ordinato e diligente.
    Se, invece, si tratta di una scelta obbligata e sistematica, può essere che la situazione sia ancora più delicata e che l’azienda non stia generando utili, bensì perdite e che quindi l’imprenditore sia costretto a utilizzare l’Iva per coprire finanziariamente il fabbisogno generato dai vari costi della gestione. 

Lo strumento che permette di ottenere una panoramica degli incassi e dei pagamenti per assicurare all’azienda la necessaria disponibilità finanziaria è il budget. La pianificazione consente di ottenere anche ulteriori vantaggi, come ad esempio la possibilità di impiegare in modo efficiente possibili eccedenze di liquidità temporanee. 

Vuoi saperne di più? Contattaci! NK è pronta a supportarti per tutta la gestione degli adempimenti fiscali e il nostro partner CONSILIUM può guidarti nell’attività di programmazione e pianificazione finanziaria.

Investimenti in beni strumentali: spese da programmare e, se possibile, anticipare!

Si avvicina la chiusura dell’esercizio e si propone per gli imprenditori l’occasione di valutare la convenienza di eventuali investimenti da sostenere entro il 31/12. Soprattutto quest’anno è di fondamentale importanza essere a conoscenza delle norme agevolative in vigore, considerando che il Legislatore ha definito degli interventi di ampio respiro, che si estendono anche agli anni a venire, ma con vantaggi man mano decrescenti. Le imprese attualmente hanno infatti la possibilità di conoscere anticipatamente il risparmio di imposta correlato agli investimenti in beni strumentali con un orizzonte temporale di medio-lungo termine.

In particolare la Finanziaria 2022, ad oggi ancora in bozza e in via di approvazione, prorogherà ilcredito d’imposta per l’acquisizione di beni strumentali nuovi, materiali ed immateriali, di tipo “INDUSTRIA 4.0”, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato. Si tratta, dunque, di un’estensione temporale delle norme già note, contenute nei commi da 1051 a 1063, articolo 1, della Legge 178/2020, con nuovi coefficienti differenziati per ciascuna delle annualità per le quali l’agevolazione verrà estesa.

Il Legislatore interviene nell’ottica di supportare e incentivare gli investimenti in beni strumentali, prediligendo quelli funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi, continuando a stimolare e sostenere la spesa privata in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica. 

Il credito d’imposta riconosciuto ed oggetto di proroga è quello spettante con riferimento ai beni materiali nuovi “Industria 4.0”. La misura del credito è pari al 50% qualora l’investimento sia effettuato entro il 31 dicembre 2021 (o entro il 30 giugno 2022 con acconto di almeno 20% entro 31 dicembre 2021). Successivamente, qualora l’investimento sia effettuato dal 1 gennaio 2022 e entro il 31 dicembre 2022 (o entro 30 giugno 2023 con acconto di almeno 20% entro 31 dicembre 2022), il credito passerà al 40%. Per gli investimenti effettuati invece tra il 1° gennaio 2023 e 31 dicembre 2025 (o entro 30 giugno 2026 con acconto di almeno 20% entro 31 dicembre 2025) il credito sarà pari al 20% del costo sostenuto.
In precedenza, il termine ultimo per l’effettuazione degli investimenti era il 31.12.2022. Attenzione però che la percentuale del credito di imposta riconosciuto decresce in base al periodo di effettuazione dell’investimento.


Di seguito si riepiloga la misura del credito spettante, in base al momento di effettuazione dell’investimento e in base alla spesa sostenuta:

CREDITO DI IMPOSTA BENI MATERIALI INDUSTRIA 4.0

Anche relativamente ai beni immateriali nuovi “Industria 4.0”, oltre alla proroga dei termini, è stata prevista una modulazione decrescente della relativa misura a seconda del periodo di effettuazione dell’investimento. 

La misura del credito è pari al 20% qualora l’investimento sia effettuato entro il 31 dicembre 2023 (o entro 30 giugno 2024 con acconto di almeno 20% entro 31 dicembre 2023). Successivamente l’importo del credito riconosciuto per i beni immateriali passerà al 15%, nel limite massimo di costo ammissibile fino a €1.000.000, qualora l’investimento sia effettuato tra il 1° gennaio 2024 e 31 dicembre 2024 (o entro 30 giugno 2025 con acconto di almeno 20% entro 31 dicembre 2024), oppure pari al 10% di credito, sempre nel limite massimo di costo ammissibile fino a €1.000.000, qualora l’investimento sia effettuato tra il 1° gennaio 2025 e 31 dicembre 2025 (o entro 30 giugno 2026 con acconto di almeno 20% entro 31 dicembre 2025).Anche per questa agevolazione, in precedenza, il termine ultimo per l’effettuazione degli investimenti era il 31.12.2022.


CREDITO DI IMPOSTA BENI IMMATERIALI INDUSTRIA 4.0

Per quanto concerne l’utilizzo del credito e la documentazione obbligatoria che deve essere predisposta restano valide le disposizioni di quanto già disciplinato dalla Legge 232/2016 (Finanziaria 2017). 

Si rammenta semplicemente che per gli investimenti in esame è altresì richiesta una specifica comunicazione al MISE utilizzando l’apposito modello.
Infine, si segnala, purtroppo, il venir meno del credito d’imposta previsto per gli investimenti in beni strumentali “generici”, c.d. “beni non 4.0”, per i quali l’agevolazione si esaurisce entro il 31 dicembre 2022 (o 30 giugno 2023 con l’accettazione dell’ordine e contestuale acconto del 20% entro il 31 dicembre 2022).


CREDITO DI IMPOSTA BENI MATERIALI E IMMATERIALI “GENERICI”

Suggeriamo quindi di valutare attentamente le opportunità offerte dalle misure agevolative appena descritte, perché potrebbe essere veramente conveniente decidere di non rimandare investimenti che prima o poi sarebbero comunque da affrontare per sostenere e favorire la crescita aziendale.

Superbonus “senza pensieri”

110%: NK nuovo partner Ance Brescia per la consulenza fiscale rivolta alle imprese

Network & Knowledge stringe una partnership con Ance Brescia per aiutare, insieme all’Associazione costruttori, le imprese edili meno strutturate a gestire, per conto dei loro Committenti, contratti di appalto aventi ad oggetto interventi associati alle agevolazioni edilizie (superbonus 110% per efficientamento energetico e interventi antisismici, recupero del patrimonio al 50%, bonus facciate al 90% e interventi di riqualificazione energetica al 50-65%).

NK affianca le Imprese curando gli aspetti fiscali, legali e finanziari dell’intera operazione, partendo dall’analisi dell’intervento fino alla pratica di cessione del credito, il tutto in stretta collaborazione con i tecnici incaricati del progetto.

NK si propone infatti come soggetto di riferimento unico, d’intesa con Ance Brescia, per le Imprese meno strutturate assistendole in tutto il processo:

  • nell’analisi di pre-fattibilità iniziale per la verifica dell’esistenza delle condizioni richieste dalla normativa in vigore per accedere ad una o più agevolazioni edilizie, con la conseguente stima del risparmio fiscale potenziale;
  • nella predisposizione della contrattualistica con i Committenti e le Imprese sub-appaltatrici;
  • nella richiesta di affidamenti bancari per soddisfare le esigenze finanziarie del cantiere;
  • nella gestione dello sconto in fattura (modalità tecniche e fatturazione);
  • nella richiesta a Istituti Bancari o a Poste Italiane di plafond per l’acquisto del credito originato dallo sconto in fattura;
  • nell’assistenza al caricamento di tutta la documentazione sulla piattaforma dell’Istituto Bancario;
  • nella pratica di cessione del credito successiva allo sconto in fattura e al rilascio del visto di conformità.

Nella sostanza, NK ha l’obiettivo di permettere all’impresa, che non è strutturata con un proprio apparato tecnico e amministrativo, di concentrarsi su quello che meglio sa fare, ovvero la realizzazione dell’intervento, potendo contare su un Partner “a portata di mano” che si occupa per lei di tutti gli aspetti burocratici legali allo sconto in fattura e alla successiva cessione del credito, mettendola così nelle condizioni di accettare lavori che, altrimenti, andrebbero ad appannaggio delle società concorrenti più strutturate.

Tutte le competenze integrate della nostra Società sono infatti messe al servizio delle Imprese per governare a 360 gradi le procedure di ottenimento del beneficio fiscale e per assisterle in ogni problematica che potrebbe emergere nelle varie fasi dell’intervento, evitando future e spiacevoli contestazioni, e consentendo all’Impresa di lavorare serenamente “senza pensieri”.

Leggi l’articolo su
Costruire il Futuro #5/21

Chi fosse interessato ai nostri servizi può fin da ora contattare il Dott. Nicolò Marini, responsabile del Team Superbonus (info@n-k.it – 030 983333) oppure, in Ance Brescia, il Rag. Enrico Massardi (enrico.massardi@ancebrescia.it – 030 399133).